Paola Galimberti è responsabile della direzione Performance, assicurazione qualità, valutazione e politiche di open science presso l’Università degli Studi di Milano, è editor per la DOAJ, è coordinatrice del focus group italiano su IRIS Institutional repository, collabora con il Competence Center di ICDI su Open Science, è socio fondatore e membro di AISA (Associazione italiana per la scienza aperta), e redattrice di ROARS, partecipa a convegni nazionali e internazionali e svolge una intensa attività di formazione su Open science e gli strumenti per realizzarla, sulla valutazione della ricerca, sulle tematiche del diritto d’autore connesso alle pubblicazioni scientifiche.
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Paola Galimberti
Affinché la conoscenza circoli liberamente, e per superare i costi crescenti delle APC, emerge il bisogno di un modello di editoria scientifica senza scopo di lucro. Un modello sempre più sperimentato, per esempio dalla commissione europea, da network accademici, associazioni o singole istituzioni. Ma quante sono in Italia questo tipo di iniziative, completamente o parzialmente Open Access? Non così poche, tra piattaforme ed editrici accademiche, con i loro cataloghi di riviste e libri. Partiamo con una prima ricognizione della realtà italiana
Quando si promuove una politica, si dovrebbe predisporre anche lo strumento per valutarne l'avanzamento. In questa direzione sono andate Francia, Olanda e Commissione europea con la scienza aperta. E in Italia?

Le tesi di dottorato sono una tipologia particolare di pubblicazione scientifica. Sono sottoposte ad una verifica (peer review) da parte di relatore e correlatore e da parte della Commissione a cui la tesi viene presentata, ma per questa attività non vi è alcuna cessione di diritti come avviene di solito con un editore. Un portale europeo fa da vetrina a questo tipo di prodotti, ma la partecipazione italiana è ancora limitata.
Di fronte al diffondersi di esigenze di apertura e trasparenza emergono nuove formule all'interno dell'editoria scientifica, tra cui processi aperti di peer review e archivi di preprint. Vediamo l'esempio di una rivista not for profit, che ha annunciato di dismettere il meccanismo "accept/reject" nella gestione degli articoli, in favore di revisione paritaria trasparente e uso dei preprint

I contratti trasformativi si innestano su - e complicano - una situazione già particolarmente confusa, in cui le comunità disciplinari faticano ad orientarsi fra la molteplicità dei modelli degli editori e le richieste degli enti finanziatori. Ma il presupposto per un accesso pieno alla letteratura scientifica è un cambiamento culturale e l'adesione a principi etici che nell’ambito dei contratti trasformativi vengono parzialmente offuscati