Uno sguardo alle competenze professionali più adatte a supportare la gestione dei dati della ricerca. E dove è possibile trovare materiale formativo.
Si può trattare di archiviare grandi quantità di dati, condividere codici e modelli, scegliere formati o altro ancora. In tutte le fasi di un progetto di ricerca - da quelle iniziali a quelle post pubblicazione - bisogna prendere decisioni e gestire i dati prodotti o anche solo analizzati.
Spesso sono disponibili valide soluzioni per la gestione dei dati della ricerca. Ma altrettanto spesso i ricercatori non le conoscono. Emerge dunque l’importanza di figure professionali apposite, in grado di gestire le problematiche pertinenti alla ricerca attuale, sempre più legata ai dati.
Le competenze di queste figure professionali specializzate sono varie e spesso variamente mescolate tra loro. Si possono per esempio distinguere:
- il data steward, una figura a disposizione dei ricercatori: di solito è considerato il primo punto di contatto per questioni o dubbi sulla gestione dei dati della ricerca. Per esempio potrebbe essere la persona giusta a cui chiedere quale repository scegliere - disciplinare, tematico o istituzionale? - o come fare per rendere open access i dati di uno studio, rispettando la privacy delle persone da cui i dati provengono (un quesito molto frequente in ambito sanitario).
- il data librarian si può definire un’evoluzione del bibliotecario tradizionale, e come quest’ultimo si occupa di catalogare, archiviare o trovare informazioni e conoscenza, ma con in più gli strumenti pertinenti ai dati nella loro accezione corrente: metadati, standard di metadati, licenze eccetera. Secondo Libre, una associazione di biblioteche di istituti di ricerca europei, il data librarian ha competenze tecniche sul data management ed è dunque in grado di fornire soluzioni pratiche di archiviazione e divulgazione, per esempio facendo formazione ai ricercatori.
- il data manager è invece la figura inserita all’interno di uno specifico progetto di ricerca, e dedicata alla gestione dei dati. Spesso si tratta di uno dei ricercatori, incaricato però di seguire e gestire al meglio tutte le attività inerenti ai dati, dalla raccolta all’analisi all’archiviazione.
Tuttavia la divisione di competenze e mansioni non è standard e anzi i confini tra le varie professionalità che si occupano di gestire i dati della ricerca sono ancora molto labili. Di recente l’olandese National Coordination Point Research Rata Management (LCRDM) ha analizzato le competenze richieste da 22 posizioni aperte per data steward nei Paesi Bassi, rilevando che da un lato il supporto ai ricercatori è sempre più affidato ad apposito staff con una formazione sui dati, ma al contempo non ci sono confini netti nei ruoli e nelle competenze richieste. E spesso si richiede di adempiere a un’ampia varietà di compiti.
Il data expert non è un informatico tradizionale o un data scientist, ma esperto in grado di supportare il ricercatore durante tutto il processo di scoperta e produzione di conoscenza. Una figura che dovrebbe diventare indispensabile in qualsiasi team di ricerca basata sui dati e con solide prospettive. Dal report “Realizing the European Open Science Cloud”.
L’analisi rileva in generale l’importanza di “professionalizzare” la figura del data steward e in generale la gestione dei dati della ricerca, e cita un report dell’High Level Expert Group on the European Open Science Cloud della commissione europea in cui si stima un mezzo milione di persone che in futuro a vario titolo rientreranno nella vasta categoria dei “data experts”. Si tratta dunque di tante diverse competenze, sempre più richieste ma al momento poco diffuse.
Una situazione per alcuni versi simile si trova anche oltre oceano: analizzando 50 annunci di lavoro per data librarian pubblicati da biblioteche accademiche, la federazione internazionale delle biblioteche IFLA sottolinea che “data librarian è un termine generico a cui si associano vari tipi di qualifiche, titoli e responsabilità professionali”, concludendo che lo sforzo di individuare competenze di base in questo tipo di lavori è utile anche per indirizzare la formazione e l’aggiornamento dei curricula accademici.
Al momento non ci sono corsi di studio specifici, tuttavia esistono già numerose buone pratiche o centri all’avanguardia in questo settore, diffondendo materiale informativo, proponendo workshop o esperienze formative, o mettendo a disposizione personale specializzato a cui i ricercatori possono rivolgersi.
Per esempio diverse università offrono servizi appositi di assistenza al data management, o in alcuni casi sono stati creati centri specifici. Come il Digital Curation Center (DCC) nel Regno Unito, centro di competenze su quello che loro chiamano “curatela digitale” (digital curation) - di cui una componente fondamentale è il data management in tutte le sue sfumature. Il DDC offre assistenza e strumenti specifici, come un modello predefinito di data management plan, adattabile alle proprie esigenze.
Invece l’università olandese TU Delft mette a disposizione data steward, figure professionali dedicate all’orientamento dei ricercatori, disponibili a chiarire qualsiasi dubbio possa sorgere sui dati della ricerca. O ancora l’università di Gottinga offre consulenza mirata, formando i ricercatori sugli aspetti di gestione che poi si troveranno di fronte una volta prodotti o analizzati dei dati a scopo di ricerca.
Invece tra il materiale formativo messo a disposizione da varie istituzioni si può citare la raccolta di risorse curata dal DCC; il corso del consorzio olandese di archivi di dati della ricerca; la guida al data management del Consorzio europeo degli archivi di dati per le scienze sociali (CESSDA); i materiali raccolti dal COAR (confederazione dei repository open access); il corso online su data management & sharing tenuto da due università statunitensi attraverso la piattaforma Coursera; il Research Data Service dell’università dell’Illinois.
11 ottobre 2019