Riflessioni (giuridiche) a margine della pubblicazione di un articolo scientifico

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I profili giuridici che accompagnano il processo di divulgazione di un contributo scientifico sono molteplici. Si tratta, per la verità, di aspetti spesso poco conosciuti o del tutto ignorati dai ricercatori. Vediamo, dunque, alcune delle questioni principali che è necessario affrontare quando il prodotto del lavoro scientifico esce dal mondo accademico per  entrare in quello della pubblicazione.

Uno dei prodotti del lavoro di ricerca è l'articolo scientifico, con cui uno o più autori rendono noti  gli esiti dell'attività di investigazione. Cosa accade nel passaggio di questo prodotto dall'autore - titolare di diritti morali e patrimoniali attraverso l'istituto giuridico noto come copyright -  all'editore che lo pubblica mediante una rivista scientifica? Che cos'è un addendum editoriale? Si può pubblicare un articolo riferibile a ciò che è/sarà oggetto di brevetto? E cosa succede se dopo l’invio dell’articolo a una rivista non si riceve notifica di accettazione? 
Queste sono alcune delle questioni di carattere giuridico che, sebbene oggetto di specifica disciplina normativa, sono raramente conosciute dai ricercatori. Questi ultimi, infatti, spesso vi prestano troppa poca attenzione e ciò condiziona le future scelte di diffusione e comunicazione dei risultati della ricerca. 

Immagine da Gina Pavone. (2022, June 20). Take care of data! How Data Management and Open Science practices can improve your everyday life. Zenodo. https://doi.org/10.5281/zenodo.6670932

 

Partiamo dal diritto d'autore. 
Un articolo scientifico rappresenta l’elaborato più noto e comunemente utilizzato nell’ambito delle produzioni intellettuali di ricerca (tra le altre, ad esempio, monografie, capitoli di libro, working paper, report). In quanto opera di ingegno scientifica in forma scritta, è oggetto di copyright, cioè è tutelato dalla normativa sul diritto d'autore, in Italia la legge n. 633/1941 - integrata da  successive  fonti normative per l’attuazione della  Direttiva 93/98/CEE o più recentemente della Direttiva UE 2019/789 . 

La normativa sul diritto d'autore protegge le opere frutto dell’attività intellettuale nelle sue espressioni creative e originali (art. 1 legge 633/1941), riconoscendo all’autore diritti morali e patrimoniali. I diritti  morali sono inalienabili, non si possono cedere ad altri, e si riferiscono alla “autorialità” dell'opera, mentre i diritti patrimoniali riguardano il suo  sfruttamento commerciale e possono essere ceduti (come avviene quando gli autori firmano il copyright transfer agreement con editori commerciali).
Sebbene le riviste e i giornali siano protetti indipendetemente come opere originali, ciò non pregiudica i diritti di autore sulle opere o sulle parti di cui essi si compongono (art. 3 Legge 633/1941). Di fatto, il singolo articolo ha una sua autonomia rispetto al giornale in cui è incluso, quindi anche la sua protezione resta distinta. 
 

Il contratto di edizione

La legge sul diritto d’autore disciplina il rapporto tra autore ed editore tramite il contratto di edizione, con cui l'autore concede all'editore il diritto di pubblicare l’opera dell’ingegno, a spese dell'editore stesso (art. 118 legge 633/1941) .

Nell’insieme dei diritti singolarmente negoziabili e indipendenti l’uno dall’altro riconosciuti dalla legge all’autore, quello di pubblicare l’opera è soltanto uno (artt.12-18 legge 633/1941). Ciò significa che  l’autore e l’editore devono porre particolare attenzione a cosa viene ceduto e individuare chi è il titolare del diritto di utilizzazione economica.

Soprattutto nelle opere scientifiche, quando gli autori tendono a riproporre il loro studio in vari contributi, è molto comune che nei contratti di edizione vi sia la cessione in esclusiva  dei diritti. Nel caso di specie, l’autore è obbligato a non pubblicare con altri delle opere analoghe evitando, così, la concorrenza di ulteriori editori. Ciò detto, è importante capire come la disciplina normativa dello sfruttamento commerciale della proprietà intellettuale, soprattutto per mezzo del contratto di edizione, sia o meno compatibile con le nuove esigenze di condivisione, soprattutto quelle dell’Open Access. Ci si domanda se e come sia possibile utilizzare altri strumenti giuridici che permettano di gestire nel modo più ampio possibile l’utilizzo dell’opera, non facendo venir meno la tutela dell’autore e bilanciando gli interessi degli editori. 

In primo luogo va chiarito che la  proprietà intellettuale di un articolo scientifico non è incompatibile con l'accesso aperto e, anzi, l'Open Access può essere considerato una modalità di esercizio del diritto d'autore. Più precisamente, rappresenta la scelta da parte dell'autore di rendere liberamente accessibile la sua opera: ciò può avvenire tramite il deposito in un archivio aperto o pubblicando su periodici open access. 


Il deposito in un archivio aperto si realizza attraverso l’auto-archiviazione (self-archiving) di una versione consentita dei propri lavori di ricerca pubblicati in sedi editoriali a cui si può accedere solo pagando.

Questo vuol dire che nei repository Open Access non si può depositare nulla che violi il contratto in essere con l'editore e, infatti, si deposita la versione che l'editore stesso consente, con l'eventuale periodo di embargo previsto.

Per altra parte, invece, pubblicare ad accesso aperto significa diffondere i risultati attraverso periodici che non restringono la fruizione dell'opera, una volta che quest’ultima è stata sottoposta a referaggio (post peer-review). 
Inoltre, nelle riviste Open Access vengono spesso utilizzate le licenze Creative Commons, che, rispetto alle modalità di fruizione, garantiscono sempre l'attribuzione (cioè riconoscere il contributo dell’autore originario) e, a scelta dell'autore, altri diritti relativi alla modalità di distribuzione (Non commerciale-Condividi allo stesso modo – No opere derivate). Per maggiore chiarezza: l’opera resta sempre protetta dal diritto d’autore e/o altre leggi applicabili, ma è messa a disposizione in base ai termini della licenza. Ne deriva che, pur riconoscendo la più ampia tutela all’autore, la licenza mira ad assicurare una certa viralità dell’opera.

L'addendum editoriale
In alcuni casi può essere necessario integrare i contratti predisposti dagli editori mediante un addendum, cioè un documento collegato al contratto con l'editore, con cui l'autore mantiene per sé alcuni diritti, per esempio per poter distribuire e disseminare liberamente il proprio lavoro post peer-review. Più  tecnicamente  l’addendum è  uno schema contrattuale collegato alle clausole del contratto di edizione il cui scopo è quello di riservare all’autore taluni diritti relativi al riuso della propria opera.

Esistono diversi modelli di Addenda che si possono adattare, alcuni sono elencati sul sito dell'università di Torino, o lo strumento Scholar’s Copyright Addendum Engine (“SCAE”). 

Nel caso in cui l'auto-deposito non sia esplicitamente previsto dalle policy editoriali, è necessario che l'autore aggiunga questa possibilità prima dell'accettazione da parte del giornale. 


Mantenere sufficienti diritti intellettuali e applicare una licenza riferibile alle tipologie Creative Commons al proprio lavoro è particolarmente  prospettabile in base alla Rights Retention Strategy di PlanS: l'iniziativa per il mantenimento, da parte degli autori, dei diritti intellettuali necessari per praticare l'Open Access e poter così rispettare gli obblighi di numerosi enti finanziatori (innanzi tutto quelli raccolti in CoalitionS), quando richiedono, per esempio, che l'accesso sia immediato (senza embargo). 

Quali sono gli obblighi dell’autore e dell’editore in base al contratto di edizione? 
Dal contratto di edizione discendono obblighi per entrambe le parti. 

L’autore (art. 125 legge n. 633/1941):

  • deve consegnare l’opera nelle condizioni stabilite dal contratto e nella forma per cui non sia troppo difficile o costosa la stampa;
  • deve garantire il pacifico godimento dei diritti ceduti per tutta la durata del contratto;
  • ha l’obbligo (e diritto) di correggere le bozze di stampa in base a quanto richiesto per l’utilizzo dell’opera.

L’editore (art. 126 legge 633/1941):

  • è obbligato a porre in vendita l’opera in conformità dell’originale e secondo le buone norme della tecnica editoriale, con il nome dell’autore o in forma anonima o pseudonima quando previsto dal contratto;
  • è tenuto a pagare i compensi pattuiti all’autore.

Nei rapporti tra autore ed editore si stabilisce anche un tempo massimo entro cui ricevere l'eventuale notifica di accettazione.

L'articolo 39 legge 633/1941 prevede che se non si riceve notifica di accettazione entro un mese dall'invio o se entro sei mesi dalla notizia di accettazione l'articolo non viene pubblicato, l'autore riprende il diritto di disporre liberamente del suo articolo. Questo però solo nel caso in cui l'autore sia esterno alla redazione e senza precedenti accordi contrattuali (se è un redattore a fornire l'articolo, il periodo a disposizione dell'editore si estende).

La medesima disposizione di legge (art. 39, c. 2 legge 633/10941) prevede, però, che decorso il termine di sei mesi dalla consegna del manoscritto, l’autore può utilizzare l’articolo per riprodurlo in volume o per estratto separato, se si  tratta di giornale, ed anche in altro periodico, se si tratta di rivista.

Ma il direttore di una rivista può modificare un articolo? 
Secondo l’art. 41 della legge 633/1941 , il direttore del giornale ha diritto di introdurre nell’articolo le modifiche di forma che sono richieste dalla natura e dai fini del giornale.  Il comma 2 della medesima disposizione prevede che, per gli articoli da riprodursi senza indicazione del nome dell’autore, la facoltà detta si estende anche alla soppressione o riduzione di parti dell’articolo. Vi sono, tuttavia, due eccezioni: la presenza di un patto contrario (art. 41 c.1 legge 633/1941) e l’applicazione senza pregiudizio dell’art. 20 della medesima legge e, cioè, il diritto di paternità dell’autore e in particolare il suo diritto di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione dell’opera stessa che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. 

I compensi 
Nella prassi dell'editoria scientifica, gli autori degli articoli non percepiscono alcun compenso per la loro opera, così come i revisori non vengono pagati per le integrazioni o le migliorie che suggeriscono di apportare. 
In realtà la  disciplina normativa del diritto d'autore stabilisce un compenso spettante all'autore, costituito da una partecipazione, calcolata, salvo patto contrario, in base a una percentuale sul prezzo di copertina degli esemplari venduti e può essere rappresentato da una somma a stralcio per le edizioni delle opere elencate dalla stessa legge sul diritto d’autore (art. 130 Legge 633/1941).

La letteratura grigia
Il lavoro scientifico produce moltissime tipologie di elaborati e testi non necessariamente riconducibili alla formula degli articoli scientifici in senso stretto. 
Le opere e i documenti elettronici o cartacei che non sono sottoposti alle consuete regole di pubblicazione - per esempio bollettini istituzionali, documenti discussione e interni, atti di conferenze, sondaggi rapporti accademici e governativi nonché materiale didattico e accademico ma anche siti web mappe e set di dati e progetti - rientrano nella cosiddetta letteratura grigia (o grey literature). Questo tipo di prodotti scientifici mancano di controllo bibliografico e molto spesso non sono adeguatamente citati e inclusi in cataloghi o database. Talvolta, si tratta di contributi che, nonostante le difficoltà di reperimento e gestione, hanno una grande importanza per gli addetti ai lavori, soprattutto in ambito scientifico, perché contengono informazioni di grande interesse per l’avanzamento dello stato dell’arte e l’attività progettuale.

Si tratta di “opere” che esulano dalla disciplina della legge sul diritto d’autore, soprattutto se mancanti di un evidente contenuto creativo o non riferibili ad un autore, non citabili come fonti o di non chiara collocazione o reperimento.

Nonostante ciò, nulla esclude che possano essere oggetto di tutela adottando alcuni accorgimenti come per esempio: assegnare un identificatore della di rivista e di dove sono disponibili (ISBN, DOI, URL), depositare nei repository (come, ad esempio, OpenAire, Zenodo, Open Research), rendere noto il documento tra gli esperti della materia e la comunità scientifica (per esempio Academia.edu, Researchgate.net), comunicare i risultati nei siti di progetto o di programma. In alcuni casi può comunque essere valutata la possibilità di pubblicare nelle forme ordinarie.

 

Pubblicazioni e brevetti
E, invece, cosa succede quando ci sono di mezzo dei brevetti? Si può pubblicare un articolo scientifico su ciò che riguarda l’oggetto di un brevetto ancora da depositare? La risposta è no, poiché la pubblicazione fa venir meno i requisiti della novità e non pubblicità del “trovato” oggetto di brevetto. Sebbene la  ricerca e  il potenziale industriale brevettabile siano ambiti contigui, occorre specificare come, in realtà, pubblicazione e brevetto siano  due strategie  distinte, con presupposti e finalità diversi. Le pubblicazioni - cioè gli articoli scientifici o paper - sono forme di disseminazione, finalizzate ad alimentare nuova conoscenza, quest’ultima da considerarsi come prodotto di un metodo scientifico, verificabile e affidabile. Invece il brevetto è un titolo giuridico e necessita del cosiddetto “trovato”, cioè l’invenzione, con i suoi caratteri di novità, originalità e attuazione industriale. Vero è anche che, il brevetto è una pubblicazione di fatto, ma certamente rivolta ad altro scopo. Occorre, perciò, comprendere  gli esiti dell’attività di ricerca e la natura dei risultati ottenuti per decidere se optare per la pubblicazione di un articolo o il deposito di un brevetto. 


Conclusioni

Nella fase della gestione del capitale intellettuale della ricerca è necessario essere consapevoli di cosa (e quanto) si cede agli editori e delle modalità di riproduzione attraverso archiviazione, pubblicazione in Open Access e utilizzo di licenze.

Rispetto ad altri profili della divulgazione della produzione scientifica, quali per l’appunto il rapporto con riviste, la diffusione di letteratura grigia e l’ottenimento di brevetti, è necessario acquisire una certa familiarità con il processo di pubblicazione in modo tale da considerare consapevolmente gli aspetti tecnici, il bisogno di protezione della ricerca e la necessità di diffusione e notorietà dei risultati. Conoscere i propri diritti e saperli tutelare è un aspetto fondamentale della responsabilità del ricercatore e, più in generale, dell’integrità della ricerca.
 

Sabrina Brizioli

Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Giurisprudenza e Dottore di ricerca con lode presso il medesimo Dipartimento (XXXII ciclo di Dottorato in Scienze Giuridiche). Dopo aver conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con votazione 110/110 con lode, ha superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense presso il Foro di Perugia e si è diplomata come specialista nelle professioni legali, presso la Scuola di Specializzazione “L. Migliorini” - Università degli Studi di Perugia.  Nel corso della formazione professionale ed esperienze lavorative ha affrontato le questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale e copyright, licenze, diritto d’autore e brevetti sviluppando competenze  sotto il profilo sostanziale e procedurale in caso di violazione.
Attualmente collabora con il CNR-IFAC rispetto alle tematiche inerenti il diritto d’autore e altri diritti connessi con particolare riferimento agli utilizzi  digitali delle opere e dei contenuti oggetto di protezione, gestione dell’Open Access e sviluppo dell’Open Science.

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Gina Pavone

Gina Pavone si occupa di Open Science e Open Access all'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione del CNR. Temi su cui svolge anche attività di formazione e supporto all’interno del Competence Centre di ICDI. Coordina il sito open-science.it, è giornalista esperta di analisi di dati, ha conseguito la laurea magistrale in editoria e giornalismo alla Sapienza di Roma e ha ottenuto il master di secondo livello in big data analytics and social mining all'università di Pisa. Ha partecipato a campagne per l'apertura di dati pubblici e per la trasparenza di istituzioni e amministrazioni pubbliche e ha lavorato come data analyst e data journalist.

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