L'Open Science fra hard law e soft law: guida alle normative in tema di scienza aperta

Normative di riferimento
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La regolamentazione europea in materia di scienza aperta e gestione dei dati è un sistema complesso e stratificato, basato su una combinazione di leggi vincolanti (hard law) e atti di autoregolazione, noti come soft law. Queste ultime, pur non avendo valore cogente, orientano il comportamento degli stakeholders, del mercato e del mondo della ricerca, e sono particolarmente utili per rispondere rapidamente ai cambiamenti nei settori economici e sociali, oltre che a facilitare l'integrazione di standard internazionali nel diritto nazionale.

L'Unione Europea, attraverso questo insieme di hard e soft law, mira a promuovere la condivisione dei dati di ricerca e dei risultati scientifici, tutelando al contempo la protezione dei diritti commerciali o di proprietà intellettuale. L'articolo presenta il panorama dei principali atti normativi legati all'open science a livello italiano, europeo e internazionale: dal Piano Nazionale per la Scienza Aperta, alle norme su diritto d'autore, dagli open data nelle pubbliche amministrazioni o nelle imprese, ai dati industriali fino ai dati sanitari.

Per Open Access all’informazione scientifica si intende la possibilità di reperire in rete le pubblicazioni scientifiche, i dati e ogni altro risultato della ricerca e dell’insegnamento scientifico, a partire dai  metadati che li rendono rintracciabili, senza costi per l’utente e senza barriere giuridiche e tecniche. L’Open Science, invece, estende l’applicazione del principio dell'Open Access alle prassi, alle metodologie, agli strumenti, e ai dati della ricerca, cercando di favorirne la trasparenza, il rigore e la responsabilità attraverso la collaborazione e la partecipazione di soggetti esterni agli originari team di ricerca. Ciò conduce anche al riutilizzo dei dati proprio da parte di ricercatori diversi da coloro che li hanno creati.

Il Piano Nazionale per la Scienza Aperta (PNSA) 

Il PNSA definisce così la scienza aperta:

L'open science è un approccio al processo scientifico basato su collaborazione, condivisione aperta e tempestiva dei risultati e modalità di diffusione della conoscenza, basate su tecnologie digitali in rete e metodi trasparenti di validazione e valutazione dei prodotti della ricerca. L'open science accresce, inoltre, l'efficacia della collaborazione e aumenta il potenziale collaborativo con la possibilità di accesso ai dati, favorendo il loro riutilizzo per nuove analisi, anche di tipo interdisciplinare, e per l'insegnamento scientifico, nonché la fruibilità del sapere scientifico, in modo trasparente, a beneficio della collettività.

Il PNSA  è il maggior contributo istituzionale finora elaborato dallo Stato Italiano sul tema dell’Open Science ed è stato adottato con il Decreto Ministeriale n. 268 del 28 febbraio 2022, seguito poi dall’istituzione del Tavolo di Lavoro per l’implementazione del PNSA per mezzo del Decreto Direttoriale n. 42 del 14-03-2023, integrato con il DM n. 120 del 11-07-2023. Il Tavolo di lavoro, composto da 7 esperti, è incaricato di: - redigere un documento operativo per l’attuazione del PNSA 2021-2027 comprensivo di priorità, tempi ed eventuali costi; - proporre processi per individuare le attività già in essere nel Paese riconducibili agli obiettivi del PNSA 2021-2027; - monitorare gli interventi che saranno eseguiti nelle varie fasi di implementazione del piano. È fatta salva la possibilità di affidare al Tavolo di lavoro altre attività ritenute utili o necessaria al fine di promuovere l’attuazione del PNSA 2021-2027.

In sintesi, il PNSA ha l'obiettivo di adottare iniziative in risposta alle esigenze e alle problematiche evidenziate nelle Conclusioni (Doc. 9138/21; Doc. 13567/20; Doc. 9526/16) e nella Raccomandazione n.2122/2021 del Consiglio dell’UE. Questa Raccomandazione è rivolta alla Commissione dell’UE e agli Stati Membri, con l'intenzione di promuovere l'adozione del paradigma dell’Open Science nei processi di Ricerca e Sviluppo. Tale obiettivo viene indicato come raggiungibile attraverso una strategia coordinata che coinvolga l'intero "sistema Paese".

Il Consiglio dell'UE ha emanato ulteriori Conclusioni (Doc. 10126/22 del 10 giugno 2022), successive all’adozione del PNSA italiano e che contengono ulteriori indicazioni delle quali il Tavolo di attuazione del PNSA deve tenere conto.

Il PNSA promuove azioni per favorire il necessario cambiamento culturale e organizzativo e invita a stabilire regole comuni per rendere possibile questo cambiamento. 

Il PNSA ha come riferimento le Direttive UE 1024/2019 e 790/2019, che affrontano la Scienza Aperta in relazione ai dati delle Pubbliche Amministrazioni e la tematica di come si bilancia la protezione del copyright con l'accesso aperto alle pubblicazioni.

L’adozione di una normativa comune a livello europeo permette di sviluppare in modo considerevole le capacità di ricerca del sistema paese, conducendo anche ad una maggior integrazione e collaborazione con quegli stati europei che, al momento, hanno un alto livello di sviluppo delle azioni in materia di scienza aperta, in particolare la Francia e la Germania.

Attraverso il Decreto MUR n. 268/2022 il PNSA ha acquisito la qualifica di atto normativo di livello ministeriale. Il PNSA rappresenta, a sua volta, l’attuazione del Programma Nazionale della Ricerca  (PNR) 2021-27 (approvato dal CIPE con delibera n. 74/2020). Le indicazioni contenute nel PNR e nel PNSA sono dunque norme nazionali di livello ministeriale a carattere sia esecutivo sia programmatico. 

In sintesi, il PNR e il PNSA rappresentano l’esecuzione di un insieme di atti normativi di livello superiore, nazionale ed  europeo. Tuttavia, PNR e PNSA  richiedono a loro volta una sequenza di “atti di alta amministrazione”, ovvero ministeriali, che ne realizzino un’attuazione puntuale.

La normativa europea che riguarda la scienza aperta e la gestione dei dati è pluristratificata, basata sia su norme vincolanti che su atti di soft law e di autoregolazione e in costante evoluzione. Abbiamo, dunque, da un lato, strumenti di normazione tradizionali come leggi, regolamenti e direttive (che infatti vengono definiti hard law), e, dall’altro, le cosiddette soft law, quali ad esempio raccomandazioni, pareri o, a livello nazionale, decreti ministeriali.

Le soft law sono, dunque, norme non direttamente vincolanti ma che comunque orientano il comportamento dei soggetti destinatari. Questo tipo di normativa è spesso utilizzato per introdurre regolamenti agili e adattabili, capaci di tenere il passo con i rapidi cambiamenti in alcuni ambiti economici e sociali, o per integrare principi internazionali all'interno di un sistema legale nazionale.

Le hard law di livello europeo

Nell’insieme di hard e soft law l’Unione europea ha cercato di favorire sia la diffusione dei dati della ricerca sia di tutelare il diritto d’autore.

Tra gli atti vincolanti si ricordano le Direttive UE 790/2019 e 1024/2019 nonché il Regolamento UE 695/2021, che istituisce il Programma Horizon Europe e richiama chiaramente il concetto di Open Science con riferimento ai risultati progettuali. In aggiunta, si ricorda il Regolamento UE 868/2022 (Data Governance Act/DGA), che delinea un framework per la condivisione di particolari categorie di dati detenuti dagli enti pubblici e si raccorda con la suddetta Direttiva UE 1024/2019. Del pari vincolante è il Regolamento (UE) 2023/2854 (Data Act/DA), emanato il 13 dicembre 2023, che prevede l'armonizzazione delle norme in materia di accesso equo ai dati e al loro utilizzo. Il Regolamento Data Act  mira a rilanciare l’economia dei dati dell’UE sbloccando i dati industriali, ottimizzandone l’accessibilità e l’utilizzo e promuovendo un mercato cloud europeo competitivo e affidabile. L’obiettivo è garantire che i benefici della rivoluzione digitale siano condivisi da tutti.

Tra le hard law, un ulteriore atto di grande rilevanza è il Regolamento UE 2018/1807 relativo a un quadro applicabile alla libera circolazione dei dati non personali nell'Unione europea, che conduce alla possibilità di creare un cloud di dati europeo. Tale Regolamento mira a promuovere l'innovazione e la crescita nell'Unione Europea rimuovendo gli ostacoli alla libera circolazione dei dati non personali. In particolare, elimina gli "obblighi di localizzazione dei dati", che limitano la possibilità di memorizzare e processare dati al di fuori dei singoli Stati. L’eliminazione degli obblighi di localizzazione rende più facile la collaborazione transfrontaliera e l'efficienza delle autorità pubbliche e delle imprese. Gli obblighi di localizzazione, secondo il considerando 6 del Regolamento, “[...] hanno compromesso la capacità delle aziende di ricerca e sviluppo di agevolare la collaborazione tra imprese, università e altre organizzazioni di ricerca allo scopo di sostenere l'innovazione” e risultano pertanto in contrasto con i principi dell’Open Science”.

Le soft law di livello europeo

A livello di atti non vincolanti, vanno considerati Raccomandazioni (come la n. 2018/790 sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione), comunicazioni e gli atti di soft law già indicati nel documento PNSA 2021-27. Ascrivibile a questa area è anche la European Research Area Policy Agenda del 2021, che definisce un quadro di “Azioni guida” per orientare l’operato in direzione di una policy di open data e open science.

Fanno parte del framework fin qui delineato anche una serie di iniziative della Commissione Europea quali: 1) la proposta di Raccomandazione su un quadro europeo per attrarre e trattenere i talenti della ricerca, dell'innovazione e dell'imprenditorialità in Europa, 2) la nuova Carta dei Ricercatori, 3) il lancio dell’European Competence Framework for Researchers (ResearchComp) per favorire la carriera e la mobilità dei ricercatori.

Poi, in attuazione del Data Governance Act (Reg. 868/2022), è stata ulteriormente potenziata l’ “European Open Science Cloud” (EOSC), iniziativa nata nel 2015 e governata da una partnership trilaterale costituita da Commissione Europea, la EOSC Association, rappresentativa della Community della Ricerca, e lo Steering Board, cioè il comitato direttivo composto dai rappresentanti degli Stati membri. Tale iniziativa influenza l’ambito della ricerca mediante atti di soft law come la “Multi-Annual Roadmap” che ha l’obiettivo di delineare l’implementazione di un ambiente adeguato allo scambio libero di informazioni nella ricerca. La forma organizzativa di EOSC per il prossimo periodo (FP10) è oggetto di discussione a livello trilaterale e sarà finalizzata nel 2024.

Iniziative internazionali di varia natura

Per quanto riguarda nello specifico le normative legate all’accesso aperto e alla scienza aperta a livello internazionale, due Raccomandazioni dell’UNESCO (1) sono ispirate ai principi FAIR e hanno natura di atti di indirizzo. 

Si parla invece di Open Access sin dal 2002, prima con la Budapest Open Access Initiative e l’anno dopo con la Dichiarazione di Berlino del 2003, “ratificata” in Italia da diversi atenei con la Dichiarazione di Messina del 2004, mentre sempre al 2003 risale il Bethesda Statement on Open Access Publishing. 

Del pari molto importante è la recentissima Barcelona Declaration on open research information con al quale i firmatari (università, enti di ricerca ma anche enti privati e pubblici che raccolgo fondi per la ricerca) si impegnano a perseguire una serie di obiettivi, tra cui usare strumenti aperti, accessibili e trasparenti, superando i limiti dei tradizionali strumenti proprietari, dalle possibilità di riuso alla copertura geografica e linguistica. La Dichiarazione di Barcellona rappresenta certamente un passo avanti verso i principi espressi dall’altro importante strumento di soft law di livello internazionale che è CoARA (Coalition for Advancing Research Assessment).

CoARA è un accordo di “autoregolamentazione cui possono aderire università, centri di ricerca, enti finanziatori e in generale qualsiasi soggetto (pubblico o privato) interessato al processo di riforma della valutazione della ricerca. L’azione di CoARA  si basa su  principi e impegni stabiliti nell’Agreement on reforming research assessment, che tra le altre cose si prefigge di andare verso una valutazione della ricerca che tenga in conto delle pratiche della  Scienza Aperta.  

Tuttavia, essendo gli atti menzionati atti programmatici oppure firmati da istituzioni non abilitate a rappresentare formalmente gli Stati, essi non sono direttamente vincolanti per gli Stati stessi a meno che essi non firmino direttamente l’accordo.

Il framework normativo fin qui descritto necessita di essere complementato da provvedimenti amministrativi in linea con il diritto europeo che regolamentino l’applicazione a livello locale dei principi e delle norme di livello sovranazionale.

In Italia il Tavolo istituito dal MUR e dedicato all’attuazione del PNSA contribuisce a tale processo mediante atti di indirizzo e documenti aventi natura di parere/atti di consultazione, finalizzati a orientare l’azione amministrativa e quella legislativa.

Le pubblicazioni, il copyright e le licenze Creative Commons

Avendo riguardo alle pubblicazioni dei lavori scientifici condotti da ricercatori attivi presso università e enti di ricerca, in Italia la problematica del diritto d’autore è al centro di un difficile bilanciamento in sede legislativa e politica. Attualmente, a legislazione vigente, sono disponibili due opzioni:

  1. Tutela “classica” del diritto d’autore ai sensi della l. n. 633/1941, anche a seguito delle modifiche apportate dal D.lgs n. 177/2021 di attuazione della Direttiva UE 790/2019.

  2. Gestione del diritto d’autore secondo il paradigma del Creative Commons. Il Creative Commons è uno standard di licenza con cui l’autore stabilisce ed esplicita le condizioni per il riuso, cioè cosa i fruitori possono o non possono fare con la sua opera. Sono attualmente presenti sei livelli di licenza, che consentono di graduare la tutela in funzione delle esigenze o preferenze dell’autore dell’opera e tutti permettono  la libera circolazione dell’opera originale, senza alcun costo per il pubblico e attribuendo la paternità all’autore. Lo scopo di lucro è consentito solo per le opere derivate dall’opera originale

Va, poi, considerato quanto proposto dal DDL n. 1146 (On. GALLO - Proposta dell’AISA), con riferimento alle ricerche finanziate con fondi pubblici per una quota pari o superiore al 50%.

In base a tale proposta, una volta trascorsi sei o  dodici mesi (a seconda dell’area disciplinare di riferimento) dalla pubblicazione su una rivista a pagamento o da parte di una casa editrice, l’autore dell’opera ha il diritto di “ri-pubblicare” in open access il proprio lavoro su altre piattaforme (es. ResearchGate, Academia, IRIS…) o con altro editore. 

Un simile sistema è già adottato anche dall’ordinamento statunitense, in particolare in ambito medico, attraverso la pubblicazione in open access diamond sul portale governativo PubMed e sottoponendo le opere pubblicate al sistema di licenze Creative Commons.

L'Open Data in ambito pubblico e privato

Per quanto riguarda l’open data, è necessario distinguere tra i dati delle amministrazioni pubbliche e i dati in possesso delle imprese private.

I dati gestiti dalle pubbliche amministrazioni possono essere riutilizzati grazie ai principi stabiliti nel PNSA e per effetto delle direttive contenute nel Decreto Legislativo n. 200/2021, che attuano la Direttiva UE 2019/1024. Questi, insieme al già citato Data Governance Act (Reg. UE 2022/868), facilitano il riutilizzo dei dati in ambito pubblico.

Invece i dati delle imprese private sono protetti in quanto generalmente rientrano nella categoria dei segreti commerciali secondo l'articolo 98 del Decreto Legislativo n. 30/2005, noto come Codice della Proprietà Industriale. Attraverso la normativa vigente la circolazione di questo tipo di dati viene limitata il più possibile. Tuttavia la situazione deve considerarsi mutata a seguito dell’adozione del già menzionato Regolamento “Data Act” (DA), che riguarda proprio i dati in possesso delle imprese. Tale Regolamento si integra con il sopra citato Data Governance Act (DGA). Questi due Regolamenti sono strettamente collegati: il DGA stabilisce le linee guida infrastrutturali per la gestione dei dati, sia pubblici che privati, mentre il DA specifica chi può utilizzare i dati aziendali e in quali circostanze.

Va considerata a parte la categoria dei “dati sanitari”. Attualmente, i dati sanitari sono trattati attraverso il sistema del Fascicolo sanitario elettronico, regolamentato dal D.lgs. n. 179/2012 e dal DPCM 29 settembre 2015, n. 178. Sono, inoltre, sottoposti alle tutele previste dal Regolamento UE 2016/679, noto come GDPR.

Secondo la normativa europea, i dati sanitari possono essere utilizzati per “trattamenti secondari”, cioè per scopi di ricerca oltre quelli per cui è stato dato il consenso, come succede ad esempio quando si usano dati clinici in studi scientifici. Tuttavia, molti garanti nazionali per la privacy impediscono l'accesso a questi dati, assumendo che ci siano alti rischi di abusi o usi non autorizzati. Di conseguenza solo enti regionali, province autonome e uffici ministeriali specifici possono usarli per la ricerca (art. 12, co. 6, D.lgs. n. 179/2012).

Per questo l’Unione Europea ha proposto l’adozione di un Regolamento sull’European Health Data Space, al fine di delineare un quadro uniforme a livello europeo per il “trattamento secondario” dei dati in quanto da considerarsi essenziale ai fini della ricerca.

In Italia alcuni passi avanti in questa direzione sembrano emergere dal recentissimo Schema di disegno di legge (DDL) recante disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale, del 23 aprile 2024. L’art. 8 del DDL, rubricato “Ricerca e sperimentazione scientifica nella realizzazione di sistemi di intelligenza artificiale in ambito sanitario”, cerca, blandamente, di allargare le maglie dell’uso dei dati sanitari nell’attività di ricerca scientifica ma ci si deve lavorare ancora. Il testo è in fase di definizione nelle sedi legislative.

Azioni necessarie

L’attuale quadro giuridico, se attuato, rappresenta una opportunità per influire positivamente sull’adozione dei principi di Open Science e di Open Data,  contribuendo a favorire un maggior dialogo tra ricercatori e una maggior competitività della ricerca europea a livello globale.

Il framework normativo dovrebbe essere complementato da provvedimenti amministrativi del MUR e/o dell’ANVUR in linea con il diritto dell’Unione, e che regolamentino l’applicazione a livello statale dei principi e delle norme di livello europeo.

Le criticità da affrontare sono soprattutto a livello amministrativo e di governance, come dimostra la vicenda di Open Research Europe, che non è stata inserita dall’ANVUR nelle liste delle riviste scientifiche o di classe A, sebbene sia una infrastruttura pensata dalla stessa Commissione Europea per favorire la diffusione dei risultati di ricerche finanziate con fondi europei.

Tale vicenda e quella della formulazione dell’ultimo bando VQR sembrano essere in contraddizione con l’adesione degli stessi enti governativi sopra menzionati, oltre che di atenei e centri di ricerca italiani, all’accordo internazionale di CoARA che prevede e incentiva la riforma della valutazione della ricerca. L’accordo indica tra gli obiettivi da raggiungere per gli aderenti quello di formulare piani di azione per valorizzare la pratica della Scienza Aperta in diversi aspetti: nella valutazione dei ricercatori; per gli avanzamenti di carriera dei ricercatori; nella facilitazione della libera e piena fruizione dei risultati della ricerca; nella creazione di infrastrutture adeguate.

Anzi, ancor di più va evidenziato come questi avvenimenti si pongano in contrasto con l’adesione dell’ANVUR all’accordo CoARA, avvenuta a fine 2022, suscitando forti perplessità.


Note

(1) Le sue raccomandazioni sono: 1. la Recommendation on Open Educational Resources (OER) del 2019, che invita a sviluppare il potenziale nascosto delle ICT nell’ambito dei dati della ricerca ma senza rinunciare alla tutela del diritto d’autore e 2. la Recommendation on Open Science del 2021, che contiene la definizione di open science, da intendersi come un “inclusive construct that combines various movements and practices aiming to make multilingual scientific knowledge openly available, accessible and reusable for everyone, to increase scientific collaborations and sharing of information for the benefits of science and society, and to open the processes of scientific knowledge creation, evaluation and communication to societal actors beyond the traditional scientific community".

Lucilla Gatt

Lucilla Gatt è professore ordinario di diritto privato e delle nuove tecnologie presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa (Napoli). E’ direttore del Centro di Ricerca ReCEPL – Research Centre in European Private Law ed editor in Chief della rivista open access diamond “European Journal of Privacy Law and Technologies”. Dal luglio 2023 è stata nominata con decreto MUR membro del Tavolo per l’attuazione del Piano Nazionale di Scienza Aperta (PNSA). Dal 2024 è delegata del Rettore all’implementazione dell’accordo CoARA-.Coalition for Advancing Research Assessment Fa parte del movimento denominato “Iniziativa collettiva a sostegno della libera condivisione e diffusione della conoscenza” coordinato da Creative Commons Capitolo italiano.

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Luigi Izzo

Dal 2022 è Dottorando di Ricerca in Humanities and Technologies: an integrated research path (ambito giuridico), Università Suor Orsola Benincasa. È Cultore della materia presso le Cattedre di Diritto Civile e di Diritto delle Nuove Tecnologie, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli e Junior Researcher del relativo Centro di Ricerca ReCEPL (Research Centre of European Private Law). È membro del comitato di redazione della Rivista European Journal of Privacy Law & Technologies - Suor Orsola Università Editrice - ISSN 2704-8012 (http://www.ejplt.tatodpr.eu), rivista scientifica di diritto europeo, in open access "Diamond" e focalizzata sulla Privacy, con particolare riguardo al rapporto sempre più importante

tra diritto e innovazione, discipline umanistiche e tecnologie.
In queste vesti ha manifestato interesse per vari aspetti del rapporto tra diritto e nuove tecnologie, afferenti al diritto civile, del lavoro, tributario nonché all’ambito aerospaziale.

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