Contratti trasformativi, cosa sono e a che punto siamo in Italia

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I contratti trasformativi si innestano su - e complicano - una situazione già particolarmente confusa, in cui le comunità disciplinari faticano ad orientarsi fra la molteplicità dei modelli degli editori e le richieste degli enti finanziatori. Ma il presupposto per un accesso pieno alla letteratura scientifica è un cambiamento culturale e l'adesione a principi etici che nell’ambito dei contratti trasformativi vengono parzialmente offuscati

Il contesto

A partire dagli anni 2000 e a seguito di una riflessione sulla cosiddetta serial crisis, si sono susseguite, da parte di istituzioni, enti finanziatori della ricerca, gruppi e singoli ricercatori le iniziative volte a rendere la ricerca finanziata con fondi pubblici accessibile a chiunque disponesse di una connessione internet.

Gli ostacoli ad un accesso libero e pieno alla comunicazione scientifica sono di diverso ordine, certamente c’è un problema di costi per leggere e pubblicare, certamente anche una gestione poco accorta dei diritti rende difficile il riutilizzo dei propri lavori, ma più ancora c’è un problema culturale e di comprensione reale di quanto le istituzioni pagano e per cosa.

All’inizio degli anni 2000 si è tentato di fare decollare il green Open Access, quello per cui si ripubblica in un archivio istituzionale o disciplinare un lavoro di ricerca che ha lo stesso contenuto ma formato diverso rispetto a quello pubblicato. La ripubblicazione non può però essere immediata ma è soggetta a un periodo di embargo definito unilateralmente dall’editore a cui l’autore ha di solito ceduto tutti i diritti.

Sono nate a questo punto iniziative editoriali interamente Open Access in cui il pagamento avviene all’inizio del processo di pubblicazione, previo pagamento di una APC - Article Processing Charge (nelle riviste full open access), o previo sostegno di una istituzione (nelle riviste cosiddette diamond, ovvero quelle per cui non paga né il lettore né l’autore).

Con l’aumento delle richieste di trasparenza e accessibilità da parte degli enti finanziatori della ricerca, ma anche delle comunità scientifiche gli editori tradizionali hanno cominciato ad offrire la possibilità di pubblicare open access in riviste normalmente accessibili solo con sottoscrizione di un abbonamento, creando il cosiddetto modello “ibrido”, e moltiplicando di fatto in questo modo i costi per le istituzioni e i guadagni per loro stessi. Per inciso, ricordiamo che nel programma quadro di finanziamento europeo Horizon Europe i costi per la pubblicazione ibrida non sono più rimborsabili.

La reazione delle comunità e degli enti finanziatori a questo aumento esponenziale e ingiustificato dei costi non ha tardato a farsi sentire.

Attraverso l’iniziativa OA 2020 si sancisce la iniquità di un sistema che favorisce  i più ricchi e si propone una ridistribuzione dei fondi utilizzati per la comunicazione scientifica verso un modello pay per publish. Ciò deve avvenire attraverso la trasformazione delle sottoscrizioni per leggere in sottoscrizioni per pubblicare e degli editori ibridi in editori full open access.

I contratti trasformativi

I contratti trasformativi si innestano in questo contesto complesso, con le istituzioni che tentano di affermare il principio etico della trasparenza e gli editori che tentano di trarre quanti più profitti possibili dal nuovo corso che si va definendo.

Sono contratti che hanno lo scopo di trasformare il modello di business dell'editoria elettronica (in particolare le riviste) da pay per read a pay per publish attraverso un periodo di transizione chiamato read and publish. In quanto transitori, non dovrebbero durare a lungo né ripetersi nel tempo, ma devono fare in modo che la trasformazione delle riviste ibride avvenga in tempi definiti (secondo COalition S entro il 2024).

L’intento è che editori e istituzioni lavorino insieme per arrivare in breve tempo ad un sistema delle pubblicazioni scientifiche totalmente aperto con costi sostenibili per le istituzioni e con un profitto adeguato per gli editori.

La maggior parte dei Paesi europei (ma non solo) ha avviato azioni volte a rispondere alla sollecitazione dei finanziatori della ricerca, definendo con gli editori contratti trasformativi alla fine dei quali l’editore dovrebbe aver trasformato il proprio modello di business rendendo tutta la letteratura scientifica finanziata con fondi pubblici accessibile per tutti.

Le contrattazioni avvengono di solito a livello consortile e una volta che i contratti vengono conclusi i consorzi li registrano sul sito della Esac Initiative che fornisce informazioni, standard e buone pratiche per la elaborazione di questi contratti e elementi e dati di confronto per i diversi paesi.

Ci sono quattro punti che seguendo le linee guida dovrebbero essere fermi nella contrattazione:

  1. trasparenza - delle regole e dei costi e preferibilmente la pubblicazione degli accordi stessi visto che riguardano l’impegno di fondi pubblici

  2. transitorietà – questi accordi devono essere transitori (e di breve durata) perché gli editori dovrebbero dichiarare la loro intenzione a trasformarsi in full open access al termine del contratto e poi trasformarsi davvero. Ciò implica anche una rendicontazione annuale di quanto l’editore ha pubblicato in open access e dei costi sostenuti e dei profitti, con una proiezione rispetto al tempo necessario per la trasformazione

  3. costi invariati – i contratti non dovrebbero prevedere una immissione ulteriore di denaro nel sistema (rispetto ai contratti pay per read) eccetto quella fisiologica annuale (calmierata attraverso la introduzione di price cap)

  4. inclusione -  gli accordi dovrebbero comprendere tutto ciò che una istituzione pubblica attraverso i propri autori come “corresponding authors” sia nelle riviste cosiddette ibride che in quelle full open access.

Una rilevazione puntuale dei costi sostenuti per l'Open Access (suddiviso tra ibrido e gold) da parte delle istituzioni e di quanto si pubblica con un determinato editore è condizione indispensabile per poter condurre una trattativa informata con l’editore. Normalmente questi dati vengono forniti dall’editore stesso, ma le istituzioni dovrebbero essere in grado di rilevarli autonomamente.

I contratti trasformativi dovrebbero supportare la scienza aperta, ma la transizione passa anche attraverso la disponibilità di dati di analisi e monitoraggio aggiornati e accessibili sia per gli esperti che per gli amministratori degli atenei che per l’intera società.

I contratti trasformativi in Italia

Le università ed enti di ricerca italiani hanno avviato una serie di contrattazioni “trasformative” attraverso il consorzio Crui CARE.

Sono 8 i contratti registrati in ESAC: 

American Chemical Society

Cambridge University Press

Emerald

Springer Nature

Walter de Gruyter

Wiley

Wolters Kluwer Health

per un totale di 8240 pubblicazioni (l’equivalente della produzione scientifica di un ateneo medio/grande in un anno), e circa il 5 % di quanto pubblicato in Italia (156.000 pubblicazioni nel 2021) e indicizzato nelle banche dati.

Una analisi dei dati ci mostra come nessuno dei requisiti indicati sopra - trasparenza, transitorietà, costi invariati, inclusione - sia stato rispettato nelle contrattazioni del Consorzio italiano con la esclusione forse di Cambridge university press che però rappresenta come quantità di pubblicazioni circa il 5% degli articoli trasformativi.

Certamente l’opportunità di pubblicare ad accesso aperto senza costi apparenti è stata colta con favore dai ricercatori italiani, ma con una consapevolezza molto bassa sui costi della comunicazione scientifica che comunque sono sostenuti dalle istituzioni (parliamo di 10 miliardi di dollari spesi globalmente in abbonamenti, che escludono tutti coloro che sono abbonati quali professionisti, start up, piccole medie imprese…), e con una coscienza altrettanto scarsa del significato etico, per la comunità scientifica e per la società, della trasparenza dei processi di generazione e disseminazione della conoscenza. Un meccanismo che pare identico a quello che portò a suo tempo alla serial crisis.

Non è ancora giunto il momento di fare bilanci, ma si possono enucleare dall’esperienza di questi anni alcuni punti di attenzione:

  • i contratti trasformativi richiedono nella fase iniziale uno sforzo consistente in termini economici che in questo momento pare esclusivamente a carico delle istituzioni e non sarà sostenibile a lungo;

  • rappresentano una fase di passaggio verso modelli aperti e trasparenti della comunicazione scientifica e come tali non dovrebbero essere ripetuti nel tempo;

  • rappresentano anche una delle possibili modalità attraverso cui realizzare la scienza aperta e come tali devono essere affiancati da altre iniziative, soprattutto di formazione per i ricercatori più giovani sulle diverse modalità di disseminazione e condivisione della ricerca scientifica.

È solo avendo in mente punti di forza e di debolezza che sarà possibile realizzare quel cambiamento culturale che è fondamentale per la realizzazione di una scienza veramente aperta e trasparente.

Paola Galimberti

Paola Galimberti è responsabile della direzione Performance, assicurazione qualità, valutazione e politiche di open science presso l’Università degli Studi di Milano, è editor per la DOAJ, è coordinatrice del focus group italiano su IRIS Institutional repository, collabora con il Competence Center di ICDI su Open Science, è socio fondatore e membro di AISA (Associazione italiana per la scienza aperta), e redattrice di ROARS, partecipa a convegni nazionali e internazionali e svolge una intensa attività di formazione su Open science e gli strumenti per realizzarla, sulla valutazione della ricerca, sulle tematiche del diritto d’autore connesso alle pubblicazioni scientifiche.
 

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